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Controcanto

di Mario Ricco


I NIPOTINI DI GRAMSCI - discorso ragionato sul fallimento del pensiero di sinistra in Italia - parte prima - la fondazione

Antonio Gramsci in quel lontano 8 febbraio 1929 nel carcere di Turi, mentre si accingeva a scrivere le sue “lettere dal carcere” , che sono in realtà, le linee guida di come il PCI avrebbe dovuto prendere il potere in Italia, Gramsci, dicevo, si sarebbe mai immaginato un simile triste epilogo del primato culturale della sinistra dopo tante vite spese a crearlo ? Certamente no. Andiamo con ordine.

Perché la cultura interessava cosi tanto alla sinistra ? innanzi tutto era uno dei pochi spazi liberi rimasti per esercitare una qualche egemonia. Come si poteva penetrare la società italiana oramai cosi ostica ai comunisti nei tardi anni 20 ? Ridotta in clandestinità’, la sinistra ufficiale aveva pochi spazi di manovra : da sempre precluso il dominio della finanza e l’economia, tradizionalmente borghesi, la religione saldamente in mano i preti ; culto delle armi, dello stato, la storia patria e la retorica nazionale ai fascisti. Quale territorio da colonizzare rimaneva ? la cultura, la letteratura, il dominio della lingua che anche il dominio del pensiero. Come stigmatizzerà anni dopo Pierpaolo Pasolini. E dunque la cultura ai comunisti.

Gramsci nella sua prigionia, seriamente minato nel fisico ma lucidissimo nella sua visione, definisce con la straordinaria lungimiranza che hanno solo i geni, i tempi e i modi della

la presa del potere del comunismo nella società’ italiana. Innanzitutto : il termine

”comunista” nella sua accezione negativa va cambiato. Sovversivo, bolscevico, rivoluzionario, senza dio, amico di quelli che avevano fucilato lo zar e tutta la sua famiglia comprese le bambine. La presa di potere del partito passa attraverso la cultura di base impartita da maestri e professori di sicura fede. Affinché il credo si affermi bisogna prima ribaltare l’accezione negativa del termine, e quale migliore testimonianza se non quella degli insegnanti. I solerti maestri, le figure più importanti dopo i genitori. Leghiamo la parola “comunista” a elementi positivi come l’insegnamento, l’educazione, la formazione. Progetto a lungo termine quello prospettato da Gramsci, che non ne vedrà gli esiti giacche morirà nel ’37 in una italia ancora osannante il fascismo.Progetto nel quale si sono spese con pazienza generazioni di insegnanti, militanti, intellettuali. Già, gli intellettuali. Gramsci non esista a definire gli intellettuali italiani come cortigiani, la storia della letteratura lo certifica, dopo l’impegno politico dell’eta’medioevale l’intellettuale italiano diventa un trastullo del principe e poi un agitatore borghese. Nella sua rifondazione culturale Gramsci definisce molto precisamente il ruolo dell’intellettuale di sinistra definendolo “örganico” alla classe di appartenenza .Il compito dell’intellettuale de sinistra non e’ la critica, quella va agli intellettuali borghesi, che pungolano i vizi e le ipocrisie delle classi dominanti. Lui, il nostro intellettuale de sinistra, l'intellettuale con la I maiuscola, ha un altro ruolo, catartico, deve aiutare la classe lavoratrice a elaborare la sua coscienza. Ancora maestri e maestrini. Vabbé, per un po’ a Gramsci gli hanno dato retta e quindi il neorealismo, una sorta di realismo socialista de noantri che piano piano si e’ stemperato nella commedia all’italiana. Manzoni trattava gli umili come dei minus habens, de Sica e Rossellini ne ebbero più rispetto. Comunque sia, il programma va avanti, la stima nei confronti delle sinistre cresce nella italia ancora piccolo borghese del dopoguerra. Il partito socialista e comunista , protagonisti della resistenza, hanno legato il termine “sinistra” a concetti ancora più’ positivi come “riconquista della libertà”. Quello fu il capolavoro di Togliatti. Dunque partiti non più rivoluzionari ma sinceramente democratici. Una contraddizione mai risolta che porterà 20 anni dopo alla triste stagione del terrorismo.

E arriviamo al punto di svolta : il 1968 . Pasolini, a marzo di quell’anno, a ridosso degli scontri studenteschi di Valle Giulia, a Roma, scriverà la famosa ode ai celerini che in realtà e’ il testamento della sinistra italiana e del programma gramsciano : “sto coi celerini perché loro sono i veri proletari, i veri morti di fame, voi studenti, siete solo dei figli di papa’ viziati che giocano alla lotta di classe “. Vedeva lungo Pasolini. Da tempo aveva ( continua ... )


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