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Il paese visto da...

Aggiornamento: 16 ott 2018

Modi Modesto Messali, Carlo Vanni, Giovanni Bertoldi, Stefano Bruzzone, Ciro Iezza.

da Reggio Emilio

Carlo Vanni

Sono un ometto un po' all'antica, abituato a pensare - chiamatelo pure sessismo, se volete - che le donne siano un genere un po' più sensibile, o forse, civile di quello maschile.

Leggere che secondo molte uno spacciatore può giustamente essere pestato in caserma perché è un elemento pericoloso della società, poi se muore oh, in fondo se l'è cercata, e comunque molte visto che attenta alla sicurezza dei bambini che magari pure loro si drogano lo finirebbero a colpi di tacco e unghiate sulla trachea - ecco, è una cosa che mi mette fortemente a disagio.

Come diceva Clooney in "Leoni per agnelli", uno nel suo intimo può pensare un po' di tutto ed essere la bestia feroce che riesce, o non riesce, ad essere, a seconda delle circostanze. Ma nel suo ruolo pubblico - lì si parla di un politico, ma qualsiasi privato ha una vita pubblica, e ne deve rendere conto - non può permettersi simili esternazioni. Perché orientano il parere altrui, danno l'esempio, fanno da sponda per comportamenti profondamente sbagliati.

Qui tutti ormai sono amici di Cucchi, pare. Magari era un farabutto insopportabile, che te le tirava dalle mani. Niente di più facile. Ma questo lo posso pensare io nel mio privato, o chiacchierarne al bar.

Usare un qualsiasi tipo di discorso pubblico che sostenga, anche solo velatamente, anche solo di striscio, che in fondo oh, equivale a mettere un ditale di benzina nel serbatoio di una macchina in cui gente che è autorizzata ad usare la violenza per proteggervi può disporne senza cognizione di causa a seconda del proprio stato emotivo. Di qui a pestarvi a sangue perché non vi siete fermati allo stop il passo è breve, magari due contro uno, sotto minaccia armata.

E non sto parlando della violenza delle forze dell'ordine, per le quali in quasi tutte le circostanze parteggio, e magari, essendo io quello che sono, nel mio privato forse a volte persino un cincinino in più di quanto non sarebbe politically correct.

Parlo dell'assuefazione all'idea dell'uso della violenza che a tutti quelli che sono pecore dovrebbe fare un certo timore, mentre invece se ne fa un gran chiacchierare sereno, come se fosse una cosa normale, accettabile, che tanto succede sempre agli altri, che in fondo se lo meritano.

Io, per esprimere - stavolta, sì - un parere pubblico penso che chi parli di violenza con tanta manica larga può essere che non si sia trovato, o trovata, a subirla. O forse, se così è stato, ha mancato di imparare una lezione importante. Gli, le auguro di non sedersi mai a quel banco di scuola lì e di continuare felicemente, magari in rispettoso silenzio, a seguire lezioni serene e inconsapevoli.

Però che fatica che mi fate, eh.





Da Palazzolo

Modi Messali


Ottobre è il mese al contrario. C’è ancora chi, ad esempio, gira con la maglietta estiva mentre io già comincio a sentirmi nelle ossa i brividi del prossimo freddo invernale, nonostante pancera, calzettoni, canottiera, maglia, della salute, pullover di cotone, un pile

(che tengo aperto, per ora). Ed un paio di jeans. Ottobre è nebbioso o luminoso. Acceso, vivido, oppure desaturato. In bianco e nero. Ottobre mi invita al viaggio. Mi ispira al mio letargo. Mi nutre di castagne. Maturano le fragole sul mio balcone. I ragazzi vanno a scuola e di pomeriggio son giù alla Rosta: c’è ancora chi si tuffa. Io mi tufferei in un piumone. Mi vien voglia di gelato. Metà sono i giorni sì, metà sono le notti no. Qualcosa si ricompone, qualcosa si è rotto. Ottobre d’Oriente, la luna calante, ottobre di stanza e quello d’Egitto. È un tempo al contrario. È Ottobre. E ne faccio un erbotto.



Da Reggio Emilia

Carlo Vanni

Fare speculazioni e previsioni in economia è sempre una cattiva idea, per un semplice fatto: noi abbiamo la disponibilità solo dei dati riferiti al passato. Per cui, è davvero inutile prendersi a coltellate sulle proiezioni, lo spread a 300, il pil a 40° e tante altre cose. D'altro canto, sarebbe veramente da stupidi non considerare alcuni dati molto semplici. Ad esempio: prevedere che un aumento del debito pubblico possa migliorare il nostro stato economico è abbastanza fantasioso, considerato che abbiamo il quarto debito pubblico al mondo e non per questo miglioriamo. Ad esempio: confondere spesa con investimento non va bene. Il secondo termine può certamente essere ricompreso nel primo; il contrario, non è scontato. Ad esempio: promuovere l'idea che concedendo benefici massivi agli imprenditori migliorerà l'economia e quindi la ricchezza, è una proiezione basata sul nulla; non ci sono dati disponibili a sostegno di una idea simile. Ci sono invece molti dati che dimostrano il contrario, specialmente considerando come benefici sgravi fiscali, condoni e simili azioni fini a se stesse. Ad esempio: sostenere che l'uscita dall'UE migliorerebbe il nostro stato economico finanziario si basa sul nulla. Quello che si sa per certo è che tutti, e specialmente gli imprenditori, il cui massimo guadagno oggi si fonda sull'export, ne avrebbero una perdita secca irrecuperabile. Ad esempio: sostenere che l'Europa ci vuole male e ci vuole sfruttare è una notizia basata sul nulla. Gli altri Paesi europei fanno ciascuno certamente il proprio gioco, forse anche un po' più di quanto non sarebbe nello spirito dell'Unione. Ciò detto, siamo stati ampiamente favoriti in seno alla Comunità, grazie peraltro alla credibilità guadagnata a fronte di numerosi sacrifici - mai abbastanza, per essere chiari.

Prima di prendere posizione su di una scelta o sull'altra, è sempre opportuno guardare in faccia la realtà. Magari non è gradevole, ma è utile. Ad esempio, sapere non ci sono dati circa la bontà dell'idea di spiccare un balzo e di afferrarsi coi denti al cornicione non è una misura della desiderabilità dell'idea. Forse è invece una misura del fatto che nessuno abbia mai pensato fosse intelligente farlo.


Da Milano

Giovanni Bertoldi

Domenica mattina. Apro la finestra, c'è musica nell'aria. Esco sul ballatoio, seguendo il suono di una chitarra e di una voce intonata. Cerco col sorriso colui che ci dona la sua musica, il rimbombo sulle pareti del cortile mi confondono. Poi, capisco. Proviene da quella finestrella scura in alto - ma prima non era scura. Vedo una lampadina accesa dalla luce fredda che scende squallida dal soffitto, ma anche dei capelli che ondeggiano ritmici. In punta dei piedi, lo vedo meglio. Ha la pelle scura, forse è indiano, forse del Bangladesh. Ha gli occhiali e lo sguardo felice. Non guarda alla finestra, ma verso destra, suona per qualcuno di fronte a lui, che non vedo. La musica non è per noi, anche se ce ne fa dono ugualmente. Immagino un canto innamorato dopo una notte d'amore. La domenica comincia bene, in via Padova.

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